Al settimanale Gioia, Marco Mengoni ha spiegato come la sua timidezza è stato un ostacolo per la sua carriera:
Prima del successo, non avrei mai messo degli occhiali da sole. Pensavo fossero troppo stravaganti, che dessero nell’occhio e questo mi spaventava tantissimo. Il “vecchio” Marco adolescente girava con il ciuffo lungo schiacciato sugli occhi, pantaloni della tuta, felponi in cui affondare, per passare inosservato, mettere le mani avanti e non essere giudicato.
Una fase di vita superata brillantemente:
La musica ha tirato fuori la mia eccentricità, che non è una mascherata, è quello che ho schiacciato per tanto tempo. Io ero, sono e resto timido. Non sul palco, ma nella vita. Ora sono molto più libero, ma ancora certe cose non riesco a farle. Chiamare un taxi. O prenotare un ristorante. Me vergogno proprio.
Il fu Re Matto ha scelto personalmente il suo team di lavoro:
Ho voluto ribaltare i soliti canoni. Qui lavorano solo giovani, anche se non hanno tutta quell’esperienza che può avere un professionista. Per me le persone devono essere professionali e va data loro una chance: ma quando sono giovani, non quando hanno già tre figli! Potevo avere dei professionisti impeccabili, ho voluto credere nella bellezza di una stonatura, di un errore, quando alla base c’è un feeling e una fiducia così forte. Meno professionismo, e meno giro di soldi c’è, più sale la voglia di spaccare.
Marco ammette, però, di essere rimasto imbarazzato dai continui apprezzamenti di mostri sacri della musica come Adriano Celentano, Mina e Lucio Dalla:
Ho capito che i grandissimi hanno una voglia di arte infinita e la voglia di combattere contro quello che non va nel nostro sistema. Hanno la gioia, ecco. E io, che non sono nessuno, ora che quella gioia l’ho vista nei loro occhi lo devo fare per forza, ’sto lavoro. Perché, tra qualche anno, quello sguardo lo voglio anch’io.