America’s Next Top Model: per belle apparire quanto bisogna soffrire?

 In Italia c’è un programma analogo chiamato Italia’s next top model (in onda su Cielo, nuovo canale del digitale terrestre) ma la freddezza (presunta) della Stefanenko non sembra poter mai raggiungere il cinismo e talvolta il masochismo della conduttrice del reality americano. Infatti lo show di America’s Next Top Model prevede un tasso di cattiveria ineguagliabile ad altri show dello stesso tipo e se non vi basta la versione italiana potete seguirlo su Sky Vivo. Quest’anno si è conclusa la quattordicesima stagione ad Auckland in Nuova Zelanda, dopo che la carovana delle modelle è passata per vari Paesi come la Cina, la Spagna e il Brasile.

Tyra Banks che offre il saggio consiglio di “per belle apparire bisogna soffrire” mentre si è rimasti a corto di pose per lo scatto è buona cosa. Quello che non va è il debole della Banks: trovare delle modelle che camminino sui tacchi vertiginosi di Vivienne Westwood ( la vincitrice del sesto turno Danielle, nella foto, si è slogata il mignolo del piede, cavolo!) e fare delle foto in caduta libera (come ha fatto una ragazza del decimo turno, Claire, a non rompersi il collo?). Come a dire: per tutto deve esserci un limite.

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Kid Nation: bambini allo sbaraglio. Piovono le critiche

 Sembrano essere delle prove da adulti in tutto e per tutto le sfide che vengono proposte a questi bambini: prove dove si vincono le stelline d’oro e gare per diventare il leader della settimana. Se queste sono le uniche regole dello spettacolo, prepariamoci a vedere la totale anarchia di un gruppo di ragazzini allo sbando, senza genitori al seguito. Sarà per tale motivo che lo show è stato eletto come la “peggiore idea mai avuta” della rete CBS nel quale quaranta bambini devono stare in una città fantasma senza la supervisione degli adulti. Citiamo qui di seguito l’apertura della prima televisiva della serie:

Per favore alzate la mano destra e ripetete dopo di me: io giuro solennemente di essere venuto allo show televisivo Kid Nation perchè sostengo lo sfruttamento del lavoro minorile di Dickens per scopi di intrattenimento, in particolar modo quando si tratta di quelli televisivi. Accetto che tale sfruttamento possa includere (e non ne rappresenta solo un limite) il fatto di guardare i minorenni mentre cucinano, puliscono, marciano, piangono, cercano di prendere le lepri per alleviare la noia e/o il malessere, le urla, confabulare qualcosa, ancora del pianto, lamentarsi, piagnucolare, manifestare scatti d’ira e/o di spirito e bere un casuale bicchiere di candeggina.

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Ty Murray’s Celebrity Bull Riding Challenge: uomo vs tori, la sfida è aperta

 Ty Murray è conosciuto per il suo ranch in Texas e per le sue abilità nel stare in sella ad un toro scatenato, forse anche perchè dall’età di 9 anni ha iniziato a stare in sella ad uno di quei bestioni ma solo dai 13 anni ha iniziato a fare sul serio. Nove sono anche le volte che Ty è stato campione del mondo in questa  disciplina e in questo programma sarà lui stesso a dover insegnare ai concorrenti le tecniche per domare questi bestioni senza finire all’ospedale.

Le sfide tra loro non sono il maggiore ostacolo; la prova più grande è sfidare e sconfiggere almeno per pochi secondi madre natura dopo esser passati dal toro meccanico. È questa la grande difficoltà che terrorizza e allo stesso tempo affascina gli appassionati di Ty Murray’s Celebrity Bull Riding Challenge, in onda su CMT.

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The Baby Borrowers: genitori allo sbando

 La serie americana si basa sul reality inglese omonimo (The baby borrowers) andato in onda per la prima volta nel 2007. Ma negli Stati Uniti è stata sospesa la programmazione subito dopo la fine della prima stagione a causa dei contenuti poco istruttivi. Prodotto da Love Production, il format prevedeva che delle coppie di ragazzi poco più che diciottenni si dividessero i compiti nell’accudire dei bambini di varie età (dai neonati a degli adolescenti come loro).

Il concetto si basa sul classico gioco della “mamma e del papà” che sicuramente tutti abbiamo fatto qualche volta. Ma qui non si tratta di un gioco e i bambini sono ormai cresciuti. A giudicare dalle loro facce non sembrerebbe un gioco molto divertente, forse perchè qui devono prendersi cura seriamente di bambini piccoli.

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America’s Got Talent 5: Jackie Evancho la baby rivelazione dello show

 Si chiama Jackie Evancho, dieci anni da Pittsburgh (Pennsylvania) l’ultima scoperta della quinta edizione di America’s Got Talent. Bionda, occhi azzurri ed un sorriso contagioso, il giovane soprano ha iniziato a cantare a sette anni dopo aver visto Il fantasma dell’opera. Nel 2009 ha realizzato anche un album di cover, rifacendo alla sua maniera i grandi successi moderni di Andrea Bocelli, Josh Groban e Martina McBride.

Ai casting del talent show, Jackie si è esibita su O Mio Babbino Caro di Giacomo Puccini, stregando letteralmente la giuria e lo stesso conduttore Mick Cannon, che sospettava di un piccolo aiuto dei genitori dietro le quinte (“È stata la migliore performance che io abbia mai visto in questo programma. E’ una superstar”).

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Survivor: i veri selvaggi sono proprio loro?

 Mandato in onda in vari Paesi del mondo, il format di Survivor è stato esportato dall’Inghilterra per approdare negli Stati Uniti nel 1992 con la prima edizione ambientata nel Borneo (Survivor: Borneo). Lo si può definire uno dei primi esperimenti (anche se in realtà non lo è del tutto visto il successo che ha avuto in Europa) per avvicinare il grande pubblico alla cosiddetta “reality television”.

Se pensate che vivere tra gli insetti e nutrirsi solamente di ciò che la natura offre valga la pena per aggiudicarsi il premio finale (di ben un milione di dollari!) allora state per assistere al reality show adatto per i vostri gusti. Ma dato che le critiche vanno sempre di pari passo con il successo di ascolti che il format ha riscosso in vari paesi oltre agli Stati Uniti, non bisogna dimenticare che i concorrenti non vi partecipano solo per provare cosa significhi vivere nell‘indigenza, ma anche per guadagnare una somma di denaro pari ai giorni di permanenza sull’isola. Per non parlare degli sponsor e dell’automobile tra gli altri premi.

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American Idol 10: fuori Jennifer Lopez

 Sembrava essere ormai conclusa la trattativa per l’ingaggio di Jennifer Lopez come giudice della decima edizione di American Idol al posto di Ellen DeGeneres, ed invece la cantante è stata “licenziata” prima di mettere i piedi negli studi della Fox.

La produzione del talent non avrebbe gradito gli atteggiamenti da diva capricciosa dell’interprete e si sarebbe mostrata piuttosto convinta nel rifiutare la sua preziosissima presenza dopo le onorose richieste economiche (si parla addirittura di cifre con cinque zero).

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Nina Zilli: “Di tutti questi talenti da piccolo schermo non so chi sopravviverà tra 10 anni”

 Nemica giurata di tutti i talent italiani possibili (aspettiamo di vederla sul palco di X Factor o Amici come ospite per eventualmente consegnarle il premio alla coerenza), Nina Zilli spiega meglio perchè c’è l’ha così tanto con un certo tipo di tv legata alla musica (Fonte Repubblica):

Non credo nei talent show come incubatori d’artisti. Magari trovi delle belle voci, però bisogna ricordare che, alla fine, cantare bene non è difficile. Il problema, invece, è costruirsi una personalità artistica: una voce senza personalità, infatti, non è nulla. Prendi i Sex Pistols e il loro modo spinoso di cantare e suonare. Oppure Billy Holiday che alla fine della carriera, a causa delle dipendenze da alcool e droga, cantava “Strange Fruit” con solo tre note che però erano di un’intensità immensa. Di tutti questi talenti da piccolo schermo, invece, non so chi sopravviverà tra 10 anni. Da che mondo è mondo, le voci che restano sono poche e non è plausibile che ogni stagione Mediaset e Rai ne sfornino due o tre. Penso a Gianna Nannini, Elisa, Ligabue, Carmen Consoli: non sono arrivati tutti insieme! In America, poi, c’è la sindrome da suicidio dei talent: siete avvertiti!

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Ice Road Truckers: Tir in missione suicida

Nei periodi caldi dell’anno è legittimo sognare le basse temperature dell’inverno ma a ben guardare questi tir nelle regioni più remote, desolate e ghiacciate del pianeta terra, ci accontentiamo della calura estiva e lasciamo a loro l’ingrato compito di giungere a destinazione sani e salvi. Definita anche come serie da “missione suicida”, nella prima stagione la carovana dei tir deve raggiungere dei villaggi isolati nel territorio canadese per fornire i viveri necessari per superare le temperature rigide.

La prima puntata venne mandata in onda per la prima volta nel 1999 e si basava sul libro Denison’s Ice Road di Edith Iglauer. In seguito, visto il successo di questa prima puntata sperimentale, è stato chiesto a Thom Beers (che abbiamo già incontrato in Deadliest Catch) di produrre un documentario-reality che avesse come protagonista uno di  questi enormi tir e delle lande desolate.

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Paola Perego condurrà un reality nel pomeriggio di Raiuno

 Dopo due stagioni piuttosto altalenanti in casa Mediaset (il trionfo d’ascolti con La Talpa 3, il tonfo con la Fattoria 4, la cancellazione di La Tribù – Missione India), Paola Perego torna in Rai ereditando lo spazio pomeridiano, occupato fino allo scorso anno, da Festa Italiana di Caterina Balivo (sbarcata su Raidue a Pomeriggio sul 2 in coppia con Milo Infante).

E’ stata scelta proprio lei per fare da traino a La Vita in diretta di Mara Venier e Lamberto Sposini e cercare di rubare pubblico ad Uomini e Donne di Maria De Filippi. Il settimanale TvOggi conferma l’indiscrezione, facendo riferimento ad un programma totalmente nuovo, presumibilmente un reality, che, per ora, non ha un titolo definitivo.

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Cops: la serie di spari e inseguimenti continua dal 1989 con grande successo

 Insieme ad America’s Most Wanted è uno dei programmi più seguiti e longevi della Fox: non aspettatevi niente di programmato o già scritto perchè la cruda realtà apparirà senza censura e priva di qualsiasi artificio letterario. Preparatevi invece ad inseguimenti rocamboleschi e ad arresti mozzafiato perchè dalla prima puntata andata in onda nel 1989 da un’idea di John Langley e Malcolm Barbour, il programma non ha mai perso un colpo (è proprio questo il caso di dirlo).

Per fortuna la tensione accumulata dai poliziotti non ci fa perdere il sorriso quando durante un intervista nel 2005 il sergente Tom “T.J.” Jenkins della polizia di Las Vegas ha spiegato che è più difficile arrestare i sospetti quando sono senza camicia e/o senza pantaloni. Ridete pure a questo punto, lo abbiamo fatto anche noi. Poi ha continuato dicendo: “Ti rendi conto che stai catturando una persona nuda. Vuoi metterlo in prigione ma non vuoi finire per palpare le sue parti intime.” Certo non bisogna dimenticare mai che questi agenti mettono le loro vite in serio pericolo, anche se cercano di sdrammatizzare il loro difficile compito.

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Deadliest Catch:l’adrenalina tra i ghiacci vi farà sciogliere

 Se soffrite di mal di mare vi conviene rimanere a guardare questo reality dal vostro divano ben piantato a terra, dove dei pescatori di granchi sono messi costantemente alla prova dalle condizioni atmosferiche (che definire avverse potrebbe sembrare un eufemismo). Dalla nave Cornelia Marie alla Kodiak cambiano solo i nomi dell’equipaggio ma le emozioni rimangono le stesse. Deadliest Catch va in onda ogni martedì sera su Discovery Channel e racconta l’incredibile vita di questi pescatori nel gelido mare dell’Alaska fino a portarci nei sentimenti e nelle cose più personali dell’equipaggio a bordo delle navi da pesca. Il programma segue la linea rossa che caratterizza il canale: ovvero ricalca lo stile del documentario con quel pizzico in più di emozioni che non vengono mai messe da parte.

Adrenalina al massimo in ogni puntata! E un mare di lacrime (è proprio il caso di dirlo) alla morte del capitano Phil, seguito da un innumerevole quantità di messaggi di cordoglio per il figlio e la sua famiglia. Per uno dei mestieri più antichi del mondo, la pesca, si è disposti a versare un sacco di lacrime quando il capitano abbandona la nave.

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Luca Dirisio contro i talent: “Chi partecipa ha perso una buona occasione per farcela con le proprie forze”

 In occasione della promozione di Nell’assenzio, il singolo che anticipa l’uscita del quarto album Compis (a pretty fucking good album), Luca Dirisio ha rilasciato un’avvelenatissima intervista a Panorama, in cui ha attaccato duramente le case discografiche…:

Io sono arrabbiato con le major per un semplice motivo: potrebbero avvalersi della consulenza di professionisti e discografici, invece mi sono sentito circondato da persone che non sanno niente di musica, che non hanno mai preso uno strumento tra le mani. Come fanno allora ad aiutarmi? Le grosse case discografiche puntano sul fatto di avere tanti ganci con le radio e con le televisioni. Ecco: ci sono persone che si sono rese conto di certe lacune in quell’ambiente, proprio dentro le radio.

…ed i talent show:

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Ninja Warrior, unica regola: allenarsi duramente

 Le sfide del Ninja Warrior si svolgono due volte all’anno, sono costituite da 4 stage diversi in ordine di difficoltà e solitamente sono divise tra uomini e donne. In Giappone va in onda sulla rete TBS (Tokyo Broadcasting System) mentre in Italia lo possiamo vedere sull piattaforma Sky sul canale GXT commentato dai campioni olimpici Yuri Chechi e Antonio Rossi.

La vicinanza tra la rete satellitare G4 e il mondo dei videogiochi si palesa immediatamente nel momento dell’apertura di una nuova trasmissione. Non a caso il target principale del canale americano spazia dai ragazzi tra i 18 e i 35 anni. Ma anche in questo caso spuntano dei problemi puramente anagrafici: decine di lamentele giungono dai fan che vorrebbero mettersi alla prova in questo tipo di show. Il problema è che non si tratta di un semplice videogioco e per questo motivo i concorrenti devono avere 21 anni (maggiore età negli States) per poter partecipare. Certamente non solo l’età rappresenta un ostacolo per l’accesso al Ninja Warrior: coloro che partecipano devono svolgere un’attività fisica molto dura affinchè possano avere una preparazione idonea per affrontare le prove previste dal programma.

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