Andrew Howe, ventiquattrenne campione dell’atletica italiana, assente ai mondiali di Pechino, non partirà per La Tribù – Missione India, perché, ad accordo già firmato, è arrivato il divieto del gruppo sportivo militare dell’Aeronautica.
Il quotidiano La repubblica, dopo aver descritto le clausule inserite nel contratto dalla produzione del reality (palestra con panca e bilancierie, fisioterapista, medico, 30 minuti di telefonate gratis con il tecnico ogni due giorni, cibo speciale, dieta, carne magra bovina, due volte a settimana) lo ha intervistato per sapere se è dispiaciuto:
Sì. Se potessi campare mangiando la sabbia lo farei, ma non posso. Per me era anche un’opportunità economica, visto che mi hanno dimezzato la borsa di studio. Tra l’altro io mi devo operare al tendine e sarei andato in India convalescente, non perdevo grandi giornate di allenamento. In più avrei dato visibilità all’atletica, visto che a Roma l’ultima volta mi hanno preso per un tennista. Si vede che devono trovare un colpevole alla figuraccia fatta dall’Italia a Berlino, nemmeno una medaglia, al contrario del nuoto. Allora come i bambini puntano il dito sugli altri, scaricano la colpa su di me, infortunato da due anni. Non lo trovo il massimo dell’eleganza. Se sono malato, lo devo a loro, che hanno fatto finta di niente, né si sono degnati di farmi un colpo di telefono.
Capisco la frustrazione di Andrew (sarebbe interessante sapere la versione ufficiale del gruppo sportivo dell’aeronautica), ma mi domando: se la Missione India è quella di vivere una realtà completamente differente da quella di tutti i giorni, le clausule del suo contratto non vi sembrano un po’ troppo permissive? Più che una missione in India sembra una trasferta in India. Cosa sarà permesso agli altri concorrenti?