Stefano Mannucci de Il tempo e Marinella Venegoni de La Stampa hanno dato voti e giudizi alle canzoni dedicate ai 150 anni dell’unità d’Italia (i nostri li trovate qui). Andiamo subito a scoprire come sono stati giudicati i cantanti dell’universo talent.
Giusy Ferreri – Il cielo in una stanza
5. Fa un po’ cover da matrimonio jazz. Questo suo cantare sincopato sembra un telefonino che perde il campo. Giusy polverizzata da Mina. (Il tempo)
Devastante. La regina di X Factor non è nuova alle cover: dovrebbe terrorizzare il capolavoro di Paoli, già reduce dalla maestria di Mina come dalla roca Carla Bruni. Sottofondo swing, lei va per i fatti suoi. E noi, si tace educatamente (per non incaponirci). (La stampa)
Nathalie – Il mio canto Libero
7. Anche Nathalie rischiava lo stritolamento, ma ha la leggiadria di non sembrare più la concorrente di X Factor. L’elegia battistiana, sospetta di essere di parte, recuperata nella serata dell’unità. (Il tempo)
Filologica. Il repertorio è il 70 per cento di un successo. Abbracciando la versione originale (con appena qualche iniezione di basso pesante) di uno dei pezzi più amati di Battisti, Nathalie riqualifica il profilo di interprete messo in forse come cantautrice nella gara. (La stampa)
Emma – Modà – La ballata di Sacco e Vanzetti
6.5. A proposito di America. Emma non è Joan Baez e l’idea di fondo è la stessa del duetto in concorso con i Modà. Pubblicità occulta. Però ci può stare. (Il tempo)
Incosciente. Trattamento d’urto per Morricone – Joan Baez, autori nel 1971 del pezzo della colonna sonora del film sugli anarchici italiani. Kekko recita, canta Emma in inglese, voci e urla si mescolano, chitarre stridono. E’ il gabinetto del dott. Caligari (La stampa)
7. E’ la prova che la Tatangelo aveva toppato la canzone in gara. Qui, a mezza voce, sfida Villa. Claudio, mica Pancho, anche se il poema dell’amor filiale diventa una rumba. (Il tempo)
Familiare. Da Beniamino Gigli, Claudio Villa e Pavarotti, il successo che arriva dal 1941, firmato Cherubini-Bixio, finisce ora alla mamma del piccolo Andrea D’Alessio: condita con sugo sudamericano e ritmica campionata, suona parodistica, ma tuttavia viva e vegeta. (La Stampa)